Oltre la maturità - lettera di una presidente di commissione
Pubblichiamo, con orgoglio, questa lettera/testimonianza che ci è stata recapitata dalla prof.ssa Alessandra Rucci, presidente della commissione d'esame di Stato per le nostre classi del settore Professionale per l'agricoltura:
Ieri ho concluso il diciannovesimo esame di Stato in qualità di presidente.
Ne sono uscita commossa e piena di speranza.
Cosa c’era di nuovo?
La tipologia di scuola che avevo scelto con uno slancio del cuore in un momento non bello e non facile della vita professionale: un professionale agrario, l’IPA Salvati di Monteroberto.
In questa scuola, per la prima volta nella mia vita, dopo anni trascorsi nei licei, ho davvero visto con i miei occhi quanto e come la scuola buona possa fare la differenza per le persone meno fortunate.
Di 6 studenti con disabilità, ben 5 hanno conquistato il diploma, in modo onorevole, con il supporto di tutti i docenti che li hanno seguiti. Inclusione vera.
Ho ascoltato studenti, (bravi, meno bravi? Ma cosa vuol dire poi bravo se non aver portato avanti con determinazione e al meglio delle proprie possibilità un percorso non sempre facile?) innamorati del proprio corso di studi, studenti che hanno lavorato ogni giorno per aiutare le famiglie, campioni italiani di potatura dell’olivo, appassionati di vinificazione, ragazzi che hanno raccontato i loro sogni, che spesso includevano il desiderio di fondare un’azienda con i loro compagni di scuola.
Ho letto diagnosi vecchie, più di 5 anni, che la diagnosi nuova o non avevano potuto permettersela o i genitori non ci avevano badato nonostante le sollecitazioni, e ho sgranato gli occhi perché non erano più loro. Di quella diagnosi iniziale, di ragazzi con importanti disturbi o disabilità, non c’era che pochissimo.
Raccontavano di patentini e abilitazioni, di esperienze di lavoro all’estero vissute con la scuola. La famiglia non avrebbe potuto dargliele.
Tutti uscivano con un abbraccio, una pacca sulle spalle, un bacio dei loro commissari interni.
Uscivano con i loro pantaloni eleganti e la camicia bianca, rispettosi, gentili e sorridenti.
Sembravano figli o nipoti dei loro docenti.
Allora, ai giornalisti che si ostinano a pensare alla secondaria come al liceo classico, chiederei di fare un giro in queste scuole d’Italia, dove le speranze si riaccendono, i ragazzi conquistano un futuro che non avrebbero avuto e la relazione educativa è proprio quella che dovrebbe essere.
E ai presidenti di commissione, i tanti che ho visto passare, che hanno pensato di conquistare i loro dieci giorni di potere, con le stellette da generali, consiglierei umiltà e spirito di servizio.
Che questo esame di Stato, per come è e per come dovrebbe essere, è un’occasione che dovremmo offrire ai ragazzi per raccontarci i sogni del loro futuro.
Un esame che dovrebbe essere nulla più che la conferma del loro percorso.
Mi sono commossa.
Mi sento grata.
Li ringrazio per tutto quello che ho imparato.